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lunedì 30 gennaio 2012

TERMINE APPOSTO A CONTRATTI DI LAVORO - CASS., SEZ. LAVORO, SENT. N. 23756 DEL 10.11.2009

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 7/1/03 M.I. adiva il Tribunale del Lavoro di Napoli, sezione distaccata di Ischia, esponendo che aveva prestato servizio con qualifica di addetto (OMISSIS), alle dipendenze del C.I.S.I (Consorzio Intercomunale Servizi per l'(OMISSIS)) in forza di contratto a termine, con scadenza al 30/9/2000; che in data 27/7/2000, "sollecitata ed indotta" dal Decreto n. 46 del 12/7/2000, adottato dal Presidente del Consorzio anzidetto, aveva rassegnato le proprie dimissioni "con effetto immediato", in prospettiva della stipulazione di un nuovo contratto di durata biennale; che con delibera del 28/7/2000 il CISI aveva preso atto delle dimissioni, dispensandola dal periodo di preavviso; che con ulteriore delibera consiliare adottata in pari data, il Consorzio aveva trasferito essa ricorrente e tutto il proprio personale all'EVI spa, "con decorrenza 1/8/2000";

che solo in data 31/7/2000 veniva sottoscritto tra essa ricorrente ed il CISI contratto di formazione e lavoro della durata di 24 mesi, il quale prevedeva l'inquadramento nella categoria (OMISSIS), con qualifica di "sportellista polivalente - esperto amministrativo", ed individuava quale sede di lavoro la sede consortile; che con nota del 27/3/2001; era stata distaccata presso il consorzio EVIMED, pur conservando "la posizione giuridica ed economica, che, come da disposizione del Direttore Generale dell'EVI del 14/2/2001, consisteva nel ricoprire l'incarico di responsabile dell'ufficio acquisiti"; che tale distacco era cessato solo in data 8/11/2001; che in data 30/7/02 aveva ricevuta comunicazione della intervenuta cessazione del rapporto di lavoro in atto con la EVI S.p.A..

Tanto premesso, deduceva la nullità, la inefficacia e comunque la illegittimità di tale comunicazione, assumendo che il rapporto di lavoro intercorso con la EVI S.p.A doveva intendersi ab origine instaurato a tempo indeterminato, sia perchè l'atto con il quale era stato disposto il trasferimento di essa ricorrente dal CISI a detta società era stata deliberato quando non esisteva ancora alcun vincolo lavorativo, atteso che solo in data 31/7/2000 era stato sottoscritto il contratto di formazione; sia perchè tra i due enti non era intervenuta alcuna vicenda traslativa riconducibile alla previsione dell'art. 2112 c.c., sicchè, in assenza dei requisiti formali atti a configurare una cessione del contratto, non era consentito al CISI trasferire essa ricorrente ad altro datore di lavoro; sia perchè il contratto di formazione sottoscritto doveva comunque ritenersi nullo in quanto esso aveva costituito uno "strumento surrettizio per eludere la normativa contrattuale vincolistica in tema di lavoro", tanto dovendosi desumere dalle mansioni di particolare responsabilità affidate ad essa ricorrente, in alcun modo corrispondenti a quelle previste in tale contratto, dal distacco presso la EVIMED, dall'assenza di qualsiasi formazione professionale, dall'espletamento di lavoro straordinario e missioni.

Concludeva, quindi, chiedendo accertarsi e dichiararsi che tra essa ricorrente e la EVI S.p.A. intercorreva un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a far data dall'1/7/2000 ovvero, in subordine, dichiararsi il contratto di formazione convertito a tempo indeterminato fin dalla sua instaurazione; dichiararsi, nell'uno e nell'altro caso, l'invalidità del licenziamento intimato in data 30/7/02 ed applicarsi l'apparato sanzionatorio apprestato dalla L. n. 300 del 1970, art. 18. Costituitasi, la EVI S.p.A. contestava la fondatezza delle domande, eccependo, in particolare, che nessun provvedimento di reintegra poteva essere emesso a beneficio della ricorrente, atteso che in data 6/2/03 nei confronti della stessa era stato adottato, in via cautelativa, provvedimento di licenziamento per giustificato motivo oggettivo; che, in ogni caso, il trasferimento della ricorrente dal CISI ad essa società era del tutto legittimo, in quanto avvenuto "in uno alla gestione del servizio idrico integrato e quindi del connesso ramo d'azienda"; che nei confronti di essa società, in quanto costituita solo da enti pubblici ed operante per lo svolgimento di servizi pubblici ed il perseguimento di finalità pubblicistiche, comunque non poteva operare il meccanismo della conversione giudiziale di un rapporto a termine in un rapporto a tempo indeterminato.

Con sentenza resa all'udienza del 31/3/2004 il Tribunale adito "annullava il licenziamento impugnato"; ordinava alla società convenuta di reintegrare la ricorrente nel posto di lavoro, condannandola a pagare, a titolo di risarcimento del danno, le retribuzioni globali di fatto maturate dalla data del licenziamento a quella dell'effettiva reintegrazione, da liquidarsi in separata sede, oltre accessori, versamento dei contributi assistenziali e previdenziali e rifusione delle spese di lite.

Rilevava il primo Giudice che dalla successione dei fatti emergeva "ineludibilmente l'assoluta nullità ab origine, ovvero l'inesistenza stessa di qualsivoglia" trasferimento "della ricorrente dal CISI all'EVI, tanto meno con contratto di formazione - lavoro", atteso che "l'atto amministrativo al quale si sarebbe voluto collegare il presunto passaggio di alcuni dipendenti del CISI (tra cui la ricorrente), sotto tale profilo, era del tutto inutiliter dato per mancanza del suo presupposto essenziale, ovvero, nella specie, per mancanza di qualsiasi vincolo lavorativo con la ricorrente", la quale "alla data di emissione della delibera di trasferimento (28.7.2000) non era più dipendente del Consorzio, avendo rassegnato le proprie dimissioni con effetto immediato il giorno precedente", nè tanto meno lo era in forza del contratto di formazione e lavoro, sottoscritto addirittura tre giorni dopo (il 31/7/2000); pertanto, il rapporto di lavoro era nato di fatto ed ab origine a tempo indeterminato e la comunicazione di cessazione dello stesso andava qualificarlo come licenziamento, non potendo formare oggetto di valutazione il successivo licenziamento "trattandosi di materia successiva a quella per cui è causa". Avverso tale pronuncia, proponeva appello, la EVI S.p.A. con articolate argomentazioni, cui resisteva la M. riproponendo tutti i rilievi già prospettati in prime cure in ordine alla validità ed efficacia del trasferimento dal CISI all'appellata, nonchè in ordine alla validità del contratto di formazione sottoscritto in data 31/7/2000.

Con sentenza del 26 aprile - 22 giugno 2005, l'adita Corte di Appello di Napoli, pur condividendo il convincimento espresso dal primo Giudice circa la mancanza dei presupposti per configurare un passaggio della lavoratrice dalla CISI all'EVI sia nel quadro di un trasferimento di un ramo di azienda sia sotto forma di un "passaggio diretto ed immediato" - previsto dalla L. n. 264 del 1949, art. 11, comma 6, e dalla L. n. 300 del 1970, art. 33, comma 11, - od anche di cessione del contratto, riteneva che, nella specie, la comunicazione inviata dall'appellata all'appellante in data 30 luglio 2002 avesse contenuto meramente ricognitivo dell'avvenuta scadenza del termine apposto al contratto di formazione e lavoro, nell'erroneo presupposto della validità dello stesso, e non integrasse gli estremi del licenziamento, con conseguente esclusione della tutela apprestata dalla L. n. 300 del 1970, art. 18.

Muovendo da tale presupposto, affermava che la comunicazione non era idonea a determinare l'estinzione del rapporto, che doveva considerarsi persistente anche per il periodo successivo, con conseguente diritto della M. alla percezione, a titolo di risarcimento del danno, di una somma pari alle retribuzioni maturate a decorrere dalla data in cui aveva provveduto a mettere in mora la società datrice di lavoro, con l'offerta delle proprie prestazioni lavorative - da identificarsi con la notifica del ricorso introduttivo del giudizio - sino al 7 febbraio 2003, data di ricezione del successivo provvedimento di licenziamento per giustificato motivo oggettivo del 6 febbraio 2003.

Avverso la relativa pronuncia, depositata il 22 maggio 2005, la EVI S.p.A. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

Resiste la EVI S.p.A. con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente denuncia nullità della pronuncia di rigetto della domanda principale per violazione degli artt. 112, 100 e 163 c.p.c.; contraddittorietà della motivazione con la quale è stata ritenuta pertinente l'illegittimità del termine apposto in contratto non intercorrente tra le parti; insufficienza della motivazione in virtù della quale la Corte territoriale ha ritenuto che con la nota del 20.7.2002 l'EVI non aveva inteso procedere a licenziamento, ma solo ad avvalersi del termine suddetto; concorrente violazione delle norme di ermeneutica (artt. 1362 e segg. c.c.), del principio della disponibilità delle prove (art. 115 c.p.c.) ed omessa valutazione del comportamento della convenuta (art. 116 c.p.c.); violazione dell'art. 2909 c.c..

Più in dettaglio, osserva la ricorrente che, con l'accoglimento della domanda subordinata di nullità del licenziamento riferita alla nullità della clausola impositiva del termine, la Corte territoriale ha violato il dovere della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all'art. 112 c.p.c.; ciò in quanto la domanda accolta era stata introdotta in via subordinata, per l'ipotesi che fosse stata ritenuta la cessione del contratto di F. L. dal CISI all'EVI, o anche per l'ipotesi che fosse stata ritenuta la sussistenza di un trasferimento aziendale tra i due Enti.

L'insussistenza dell'una e dell'altra ipotesi era stata pronunciata dal Giudice di primo grado, con motivazione condivisa dalla Corte territoriale, sulla quale, peraltro, si era formato giudicato interno.

Di fronte a tali chiare statuizioni, era venuta meno la ragione della domanda subordinata, e, quindi, la Corte non aveva più alcun potere di pronunciare sulla stessa.

Vi sarebbe, pertanto, contraddittorietà della motivazione poichè, per un verso, si nega ogni forma di collegamento tra le due società anche sotto il profilo di una cessione del contratto lavorativo da l'una all'altra, e per altro verso, si prende in considerazione il contratto di formazione e lavoro e la scadenza del termine. Pertanto, nella specie trattasi di licenziamento e non di nullità del termine.

Il motivo è infondato.

Invero, costituisce orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità che nell'ipotesi di scadenza di un contratto a termine illegittimamente stipulato, e di comunicazione al lavoratore, da parte del datore di lavoro, della conseguente disdetta, non sono applicabili nè la norma di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 6, nè quella di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, ancorchè la conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato dia egualmente al dipendente il diritto di riprendere il suo posto e di ottenere il risarcimento del danno qualora ciò gli venga negato. Infatti, mentre la tutela prevista dal cit. art. 18, attiene ad una fattispecie tipica, disciplinata dal legislatore con riferimento al recesso del datore di lavoro, e presuppone l'esercizio della relativa facoltà con una manifestazione unilaterale di volontà di determinare l'estinzione del rapporto, una simile manifestazione non è configurabile nel caso di disdetta con la quale il datore di lavoro, allo scopo di evitare la rinnovazione tacita del contratto, comunichi la scadenza del termine, sia pure invalidamente apposto, al dipendente, sicchè lo svolgimento delle prestazioni cessa in ragione della esecuzione che le parti danno ad una clausola nulla (Cass. SS.UU. 8 ottobre 2002 n. 14381).

Nella specie, pur essendo stato acclarato sin dal primo grado e confermato in appello senza impugnazione sul punto, che il rapporto di formazione e lavoro (a termine) è stato stipulato dalla società CISI e non dall'attuale datrice di lavoro chiamata in giudizio, la soc. EVI, e che tra la prima e la seconda società non vi è stato alcun trasferimento del rapporto di lavoro che interessa l'attuale ricorrente, tuttavia, la statuizione del Giudice di Appello risulta egualmente conforme al diritto.

Giova, in proposito rammentare che, intervenute a comporre il contrasto di giurisprudenza venutosi a determinare sulla questione se l'estromissione del lavoratore dall'organizzazione aziendale per scadenza di un termine illegittimamente apposto al contratto di lavoro fosse da equiparare a licenziamento ingiustificato, le sezioni unite della Corte (7471/1991) lo hanno composto escludendo la configurabilità di una fattispecie di recesso. Ciò perchè, in linea generale - fatta eccezione per i casi di esternazione della volontà di troncare il rapporto nella consapevolezza della sua permanenza - datore di lavoro e lavoratore adeguano i loro comportamenti a quella che appare la regola del rapporto, senza esprimere perciò alcuna volontà diretta a produrre l'effetto estintivo, cosicchè natura meramente ricognitiva è da attribuire all'eventuale comunicazione alla controparte della cessazione del rapporto da una certa data (in termini, Cass. 26 maggio 2003 n. 8352).

Correttamente, pertanto, la Corte Territoriale, riportandosi a tale orientamento, ritenuto applicabile anche alla fattispecie in esame, ancorchè non del tutto sovrapponibile a quella esaminata dalla richiamata giurisprudenza, ma pur sempre sostenuta dalla medesima ratio, ha escluso la presenza di un negozio di recesso, sancendo, in piena coerenza, la continuità del rapporto, con le relative conseguenze, non oggetto di impugnazione da parte della società. Il rigetto della proposta censura comporta l'assorbimento del secondo motivo concernente la pretesa violazione della L. n. 300 del 1970, art. 18.

Le opposte statuizioni dei giudici di merito e la peculiarità della concreta fattispecie inducono a compensare tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2009