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venerdì 25 novembre 2011

Cass., Sez. lavoro, 02.12.2002, n. 17070

Cassazione Civile, Sez. Lav., Sent. 17070/2002 

 Svolgimento del processo
 
La R. ricorre per la cassazione della sentenza, meglio descritta in epigrafe, del Tribunale di Roma, che riformando quella di primo grado, ha dichiarato, rigettando la domanda risarcitoria della lavoratrice GM, la quale impugna questa parte della decisione con ricorso incidentale, la nullità delle clausole apposte a dodici contratti a termine, di durata semestrale, stipulati fra le parti tra il 1982 e il '94 per lo svolgimento dell'attività di programmista regista radiofonica per la Direzione Servizi giornalistici e programmi per l'estero.

La sentenza ha, infatti, ritenuto sussistente un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato sin dalla decorrenza del primo contratto (4 gennaio 1982) e ha ordinato all'Azienda di regolarizzare la posizione lavorativa della M., posto che l'oggetto dei contratti concerneva sistematicamente conoscenze che, anche se di diversa tematica, esprimevano un'identica impostazione culturale, sia nella elaborazione che nei contenuti, come pure nella ricorrente messa in onda settimanale, protrattasi per 52 puntate annuali "della durata di circa mezz'ora alla stessa ora e nello stesso giorno.".

In particolare, la sentenza ha argomentato che dall'esame delle conformi lettere d'assunzione sui compiti affidati alla M. ("partecipare alle riunioni di produzione; provvedere alla stesura dei testi, contattare gli ospiti che partecipavano al programma, raccogliere pareri e opinioni mediante registrazioni e provvedere al relativo montaggio, provvedendo alla realizzazione del programma, dirigendo il montaggio...") e dalle ricordate formalità di messa in onda del programma, non poteva essere condivisa la tesi R., secondo la quale, riguardando "i temi delle singole trasmissioni" un diverso contenuto, trattato con periodicità annuale (In giro per l'Italia, Sensi sociali, Società in controluce, I meccanismi economici, ecc.), la fattispecie era regolata, concernendo "specifici programmi... radiofonici", dall'art. 1, comma 2, lettera i) della legge n. 230/62, nel testo modificato dalla l. 23 maggio 1977, n. 266.

D'altra parte, citando la giurisprudenza di questa Corte, il Tribunale, escluso che il termine "specificità" sia sinonimo d'eccezionalità o straordinarietà del tema illustrato, quanto piuttosto ne segnali l'esigenza di temporaneità e peculiarità, ha ritenuto che non si potesse "attribuire il carattere di specificità a spettacoli e trasmissioni che durano anni e che, quindi, finiscono per rientrare nella normale attività produttiva della R.", oltretutto le assunzioni, inserite in una programmazione stabile dell'emittente radiofonica, non giustificando l'esigenza, sottolineata dai lavori parlamentari, di assicurare "alla R. di avvalersi delle componenti culturali, estetiche e sociali che, di volta in volta, vengono a rappresentare in modo più completo e dialettico la realtà che si intende illustrare, attuando una certa rotazione nelle posizioni di lavoro".

Il Tribunale, infine, ha giustificato la mancata impugnazione dei contratti a termine da parte della lavoratrice, sulla base "della ragionevole aspettativa di essere, l'anno successivo, reincaricata di condurre il medesimo programma, il che è puntualmente accaduto per dodici anni", ritenendo, per contro, inammissibili sia l'ordine di reintegrarla in servizio, implicando la sentenza dichiarativa di nullità dei contratti a termine l'esistenza di un rapporto di lavoro ancora in corso ed essendo, per contro, implicita la sua riammissione in servizio, sia la domanda risarcitoria proposta dalla M., in caso di mancata riassunzione, per la sua natura generica ed eventuale.

Contro questa sentenza la R. illustra due motivi d'impugnazione.

La parte intimata si è costituita resistendo con controricorso e proponendo a sua volta, ricorso incidentale condizionato, contro cui l'Ente televisivo oppone controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

DIRITTO

I due ricorsi per cassazione, essendo proposti contro la stessa sentenza, devono essere riuniti (art. 335, cod. proc. civ.).

Con il primo motivo del ricorso principale la R. denuncia la violazione o falsa applicazione dell'art. 1, comma 2^, lett. e] della l. n. 230/62 anche in relazione all'art. 12, 1^ comma delle disposizioni sulla legge in generale, nonché in relazione all'art. 2697, cod. civ., 115 e 420, cod. proc. civ., oltre a vizi di motivazione.

Premessa una contestazione sull'interpretazione delle sentenze (in particolare la n. 1827/95) della Corte di cassazione, richiamate dal Tribunale a fondamento della decisione, perché la specificità del programma non deve rivestire natura straordinaria od occasionale, la R. sostiene (riallacciandosi alle sentenze di questa Corte nn. 774/00, 7615/98 e 10401/93 e alla dottrina) che l'interpretazione dei contratti a termine deve tener conto dello sviluppo della realtà socio economica e dell'evoluzione che, in questo contesto, ha assunto la realtà contrattuale, con la "mitigazione del rigorismo interpretativo tipico di norme che ipotizzavano come eccezionale il contratto di lavoro a termine".

In questo quadro, poiché lo stesso Tribunale ha ritenuto che "i temi delle singole trasmissioni trasmesse anno per anno sono stati ben diversi...", secondo quanto risulta dai contenuti testualmente riprodotti in ricorso, la R. contesta il giudizio della sentenza che ha preteso di attribuire ai programmi curati dalla M. la consistenza di "un'unica trasmissione durata per tutto l'arco temporale coperto dai rapporti di lavoro" (ricorso, pg. 18), ricorrendo alla deduzione, impropria rispetto alla formula normativa, che la lavoratrice "é stata retribuita per ben 12 anni per predisporre un programma radiofonico, certo di contenuto diverso, ma trasmesso alla stessa ora, nello stesso giorno e destinato al medesimo pubblico..." (ivi), posto che "é una vera e propria contraddizione in termini" (ricorso, pg. 20) affermare che si trattava di "un programma generico con contenuti annuali specifici... entrato a far parte della programmazione annuale ordinaria della R., tanto da essere riproposto in un arco di tempo ultradecennale", a nulla rilevando la circostanza, assolutamente di contorno, che alla realizzazione seguisse una messa in onda oraria cadenzata in modo univoco nel tempo e che il programma fosse univocamente destinato all'estero.

Con il secondo motivo d'impugnazione la R. denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 1362, cpv., cod. civ., e vizi di motivazione, perché l'osservazione che la mancata impugnazione dei vari contratti temporanei era giustificata, secondo il Tribunale, dal timore della mancata rinnovazione dell'incarico non era suffragata da alcun riscontro apprezzabile e in particolare dal comportamento concludente delle parti.

La M., per parte sua, oltre a contrastare le opposte tesi, espone un unico motivo di ricorso incidentale condizionato (di cui controparte rileva l'inammissibilità non essendo stata la questione decisa dal Tribunale, né essendo corredata di precisi riferimenti rispetto all'ipotesi pretermessa) mediante il quale deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 2, comma 2^, cpv, ultima parte, della l. n. 230/62, e difetti di motivazione per non avere la sentenza considerato che ella aveva impugnato i contratti non solo per nullità dei termini di scadenza, ma anche perché espressione di un disegno aziendale fraudolento, diretto ad eludere l'obbligo di assunzione a tempo indeterminato.

Il ricorso è infondato.

Questa Corte ha ripetutamente affermato (v. da ultimo 24 gennaio 2000, n. 774) e ribadisce per l'ennesima volta che "il requisito dell'obiettivo riferimento ad un'esigenza dì carattere temporaneo - la quale essendo destinata ad esaurirsi, non consente lo stabile inserimento del lavoratore nell'organizzazione dell'impresa - è comune a tutte le ipotesi, aventi carattere tassativo, di cui all'art. 1 L. n. 230 del 1962, che eccezionalmente permettono l'apposizione di un termine al contratto di lavoro; pertanto, anche nell'ipotesi di cui alla lett. e) del detto articolo - che nel testo sostituito dalla legge n. 266 del 1977, concerne le assunzioni di personale riferite a spettacoli ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi, in relazione al personale della R. TV - la specificità dello spettacolo o del programma (omissis), mentre non implica la straordinarietà e la occasionalità, richiede che lo spettacolo o il programma radiotelevisivo, oltre ad essere destinato a sopperire ad una temporanea necessità.... sia caratterizzato dall'appartenenza ad una species di un certo genus e sia, inoltre, individuato, determinato e nominatò". D'altra parte costituisce fermo principio interpretativo della Corte quello secondo cui, a norma dell'art. 1, II comma, lett. e), L. 18/4/62, n. 230, come modificato con L. n. 266 del 23/5/77, (la cui ratio è quella di consentire al servizio radiotelevisivo di apprestare, a vantaggio dell'intera collettività, una maggiore varietà e ricchezza di programmi e spettacoli facendo ricorso all'apporto di diverse componenti culturali, artistiche e sociali, al fine di rappresentare, in modo più completo e dialettico, la realtà che si vuole illustrare), per le assunzioni di personale riferite a specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisivi, il relativo rapporto di lavoro "deve rispondere ad una esigenza di carattere temporaneo che, essendo destinata ad esaurirsi in un certo tempo, non consente uno stabile inserimento del lavoratore nell'organizzazione dell'impresa, come avviene in tutte le altre fattispecie, aventi carattere tassativo, di cui all'art. 1 della legge n. 230 del 1962.

Pertanto, anche per le assunzioni di personale riferite a spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi, la specificità dello spettacolo o del programma, mentre non implica la straordinarietà o la occasionalità di esso, richiede che lo spettacolo o il programma stesso, oltre ad essere destinato ad una temporanea necessità, sia caratterizzato dall'appartenenza ad una species di un certo genus e sia, inoltre, individuato, determinato e nominato...".

Inoltre la Cassazione ha, con la sentenza n. 1827 del 20 febbraio 1995, dalla cui motivazione è tratto il surriferito e qui confermato insegnamento, precisato che "é necessario altresì che l'assunzione riguardi soggetti il cui apporto lavorativo si inserisca, con vincolo di necessità diretta, anche se complementare e strumentale, nello specifico spettacolo o programma, sicché non può considerarsi sufficiente ad integrare l'ipotesi di legittimo ricorso al contratto a tempo determinato la semplice qualifica tecnica o artistica del personale, correlata alla produzione di spettacoli o programmi radiofonici o televisivi", evidenziando che i suddetti principi si applicano anche nel caso di assunzione a termine per l'effettuazione di singoli spettacoli o programmi nell'ambito di spettacoli o programmi "contenitore".

In altre parole, la legittima utilizzazione del contratto a termine implica che la "specificità" dello spettacolo o del programma renda essenziale l'apporto del peculiare contributo professionale, tecnico o artistico, del soggetto "esterno" incaricato della specifica prestazione, anche perché l'attività richiestagli non è facilmente fungibile con quella espressa dal personale di ruolo dell'Ente.

Questi principi sono condivisi dal Collegio e resistono alla "rivisitazione della norma" proposta dalla difesa ricorrente nel ricorso, fondata sull'evoluzione dei rapporti di lavoro, di cui si è fatto sopra cenno, non solo perché il contratto di lavoro a tempo indeterminato esprime ancora oggi, pur in questa particolare fase storica, il parametro generale del rapporto di lavoro, posto che in esso rifluiscono, in caso di indebita applicazione, le altre diverse esperienze di collaborazione subordinata, di carattere eccezionale o, comunque, particolare, in cui si può articolare il sinallagma, ma anche perché quello che oggi, nella realtà dei fatti, consente di apprezzare la tesi della "normalità" del rapporto a termine non può essere riferito a vicende risalenti nel tempo di circa venti anni.

Né l'ampliamento delle ipotesi che consentono l'apposizione del termine al contratto, consente di attribuire al fenomeno altro significato che non sia quello di un'estensione, rispetto allo schema originario, dell'istituto da parte del legislatore, posto che l'interpretazione evolutiva, pur richiamata in sede di ricorso con il conforto di alcune sentenze di questa Corte (20 ottobre 1993, n. 10401 e 3 agosto 1998, n. 7615) deve fare i conti sì con la mutata realtà normativa, ma pur sempre nel rispetto dei costanti canoni d'interpretazione.

La rilettura della norma proposta dal ricorrente non può quindi essere accolta e va confermata, invece, quella fatta dal Tribunale che, in punto di fatto, ha accertato che la R. per dodici anni ha assunto la M. conferendole identiche funzioni di programmista regista per la realizzazione di una serie di puntate divulgative di carattere economico-sociale la cui specificità concerneva soltanto il tema della notazione, ma non le modalità di acquisizione, elaborazione e diffusione della comunicazione nell'ambito del palinsesto predeterminato dall'azienda per la realizzazione della sua funzione informativa.

Come già rilevato dalla sentenza 774 del 2000 la "indicazione di uno od altro programma della medesima specie vale ad individuarlo e distinguerlo da quello trasmesso l'anno o precedente o successivo, ma non a conferire specificità allo spettacolo per il quale era necessaria una determinata professionalità e per la cui realizzazione è stato stipulato il contratto di lavoro. Sotto altro profilo, l'assunzione di un medesimo lavoratore per spettacoli di specie diversa dimostra la genericità delle mansioni affidate e quindi la mancanza di particolari esigenze di maggiore varietà e ricchezza di programmi e spettacoli per le quali sia necessario il ricorso all'apporto di particolari componenti culturali, artistiche e sociali al fine di rappresentare in modo completo la realtà; manifesta cioé l'assenza di quelle altre condizioni che avevano giustificato la deroga prevista dalla lett. e) dell'art. 1 L. 230/62, nel testo così come modificato dalla L. 266/77.".

La pretesa di considerare legittimi i contratti a termine stipulati ininterrottamente dal 1982 al 1994, nonostante l'assenza del requisito fondamentale per consentire l'operatività della suddetta deroga (diverso sarebbe stato il caso dell'assunzione di un programmista regista di volta in volta "specialista" in temi turistici, sociologici, economici, storici, letterari, ecc., per seguire il tema dei vari programmi elencati in ricorso) conferma la confusione operata dalla R. fra i concetti di "specificità" dei programmi, in relazione alla legittimità dell'assunzione e quello della loro semplice "individuazione", su cui fonda la sua censura.

Quanto, poi, alla mancata impugnazione dei vari contratti, il giudizio di merito ricavato dal Tribunale circa: "la ragionevole aspettativa" della M. di essere riassunta, "il che è puntualmente avvenuto per 12 anni", appare coerente con l'economia di un rapporto e non trova adeguata giustificazione nel contesto dell'esplicitazione del motivo che si fonda esclusivamente, a ben vedere, sulla mancanza di "una manifestazione di volontà documentata, principalmente sulla base del comportamento concludente delle parti (art. 1362, cod. civ.)"."

Infatti, il silenzio tenuto dalla M. nell'arco della vicenda in discorso non può assumere alcuna significativa rilevanza, posto che nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per nullità del termine apposto a successivi contratti, per la configurabilità di una risoluzione per mutuo consenso è necessario accertare che sia presente una volontà chiara e certa delle parti di volere, d'accordo fra loro, porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo, laddove la prova del significato e della portata di siffatte circostanze deve essere fornita dal deducente l'eccezione, in base alla regola generale sull'onere della prova (v. Cass. 2 dicembre 2000, n. 15403).

Il rigetto del ricorso principale comporta l'assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

Le spese processuali di questo giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale. Condanna il ricorrente principale alle spese che liquida in euro 1850, oltre euro 3.000, 00 (tremila) per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma il 30 settembre 2002.